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from Rock - West: interviews
Cheap Wine (2002)
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Cheap Wine (2002)
1) E' inevitabile iniziare
da una piccola biografia.
Dopo tanti anni passati
nel chiuso di una cantina a conoscere l'uso degli strumenti, la
vera storia dei Cheap Wine inizia nel '96, con l'entrata in studio
per le sessioni di "Pictures". La disavventura verificatasi
in quell'anno con la Toast, che ha pubblicato il mini-cd, ci ha
poi convinto ad intraprendere la strada dell'autoproduzione. Diciamo
che quella è stata la classica lezione che non abbiamo
mai dimenticato: le etichette indipendenti italiane, in gran parte,
sono gestite con criteri men che dilettantistici e un gruppo seriamente
intenzionato a costruire un percorso artistico non può
assolutamente affidarsi a strutture di quel genere. Dal 1998,
dunque, ci siamo dati un'organizzazione autonoma, aprendo subito
il sito internet e cominciando a lavorare al primo album full-lenght,
ovvero "A Better Place". Un album che ci ha aperto molte
strade. Poi nel 2000 è arrivato "Ruby Shade"
e nel 2002 "Crime Stories".
2) Anche se visto da un
punto di vista particolare, il crimine è il trait-d'union
dei testi dell'ultimo disco. Eri partito con l'intenzione del
concept-album, oppure è stata una cosa che è evoluta
nel tempo?
E' nato tutto in maniera
molto spontanea. Con il procedere della
scrittura, mi sono reso conto che i testi avevano un unico filo
conduttore ed ho deciso di scavare sempre più a fondo nell'argomento.
Un concept album è piuttosto inusuale per una band italiana,
si tratta di un'operazione impegnativa ed in un certo senso "rischiosa".
Ma, francamente, non ho avuto nessuna remora, non ho mai avuto
la tentazione di cambiare strada. In questo disco ho affrontato
un tema che mi affascina, mi incuriosisce e mi spaventa allo stesso
tempo: è la parte più controversa della natura umana.
"Crime stories" è un viaggio nel mondo del crimine,
inteso in senso
lato. Crimine come trasgressione di una regola precostituita,
come
mancato rispetto verso se stessi e le proprie aspirazioni, come
realizzazione di "ciò che non si dovrebbe fare".
L'intenzione è quella di indagare sulle motivazioni, la
psicologia, ed i
presupposti di chi commette un crimine o infrange una regola.
Fino al
delitto ineluttabile, guidato dal destino, che a volte rende
infinitamente sottile la linea di frontiera tra "bene"
e "male". In
"Crime stories" prevale la curiosità di "guardare"
come nasce e da dove
nasce l'inquietudine che spinge poi ad oltrepassare il confine
del
"lecito".
I protagonisti di "Crime Stories" sono personaggi che
hanno trasgredito.
Perchè si sono sentiti traditi oppure hanno tradito. Perchè
erano
spaventati, ma anche curiosi di vedere che cosa c'è oltre
il limite del
lecito. Perchè erano soli in mezzo ad una folla, oppure
perchè hanno seguito un "cattivo" maestro. Ma
le regole che hanno infranto erano giuste? La punizione che subiscono
è meritata? E chi può giudicare? I personaggi di
"Crime Stories" sono tormentati, dubbiosi, confusi.
Ma, soprattutto, sono individui perennemente in cerca di risposte.
3) Dal punto di vista musicale
che cambiamenti hai voluto dare? E' buffo notare che ho letto
che il suono non è cambiato, oppure di un certo indurimento,
ma anche l'esatto contrario.
Guarda, quello che scrivono
i giornalisti è sempre molto soggettivo e francamente cerco
sempre di non dargli troppo peso. Io credo che in ogni nostro
album il suono e, soprattutto, le atmosfere, siano cambiate parecchio,
rispetto al precedente. Questo è avvenuto anche con "Crime
Stories". Ma non tutti hanno la stessa sensibilità
musicale e uditiva. In ogni caso, da parte nostra, le variazioni
di suono non sono mai state premeditate. La nostra intenzione
non è mai quella di cambiare a tutti i costi o di cercare
per forza qualcosa di nuovo. Non è quella la nostra concezione
della musica. Noi ci preoccupiamo soltanto di tentare di scrivere
grandi canzoni e di suonarle alla nostra maniera, secondo il nostro
stile. Più che il suono in sè, ci interessano la
qualità e le atmosfere dei brani.
4) Gli altri componenti
della band sono sempre d'accordo sulla strada da seguire? Parlo
sia a livello compositivo, quanto dell'intenzione di rimanere
indipendenti. Credo che non sia nemmeno facile che dopo quattro
dischi non ci sia stato ancora nessun cambio di formazione, ma
solo qualche sporadico ospite qui e là.
La nostra grande forza
è proprio questa. Siamo uniti da una grande amicizia, da
una enorme fiducia reciproca e da una perfetta convergenza di
intenti. Amiamo alla follia la nostra musica e quando si tratta
di scegliere i pezzi lo facciamo discutendo sempre in maniera
costruttiva. Non ci sono mai stati screzi, in questo senso, anche
perchè le canzoni dei Cheap Wine devono entusiasmare innanzitutto
i quattro componenti della band. Di solito, per una rock band,
il primo problema è costituito dalle difficoltà
di rapporto tra i membri del gruppo. Per noi è il contrario.
L'armonia che regna tra i Cheap Wine costituisce un collante straordinario.
E per me è un grande onore suonare con questi ragazzi,
perchè Michele, Fruscio e Zano sono dei grandi musicisti,
ricchi di un enorme talento. Talento vero. Quanto all'intenzione
di restare indipendenti, non è una scelta pregiudiziale,
ma è dovuta a tutte le esperienze negative che abbiamo
avuto con etichette e manager vari. E anche in questo caso siamo
tutti d'accordo: la musica, per noi, è troppo importante
e non permetteremo a nessuno di manipolarla a suo piacimento.
Non siamo contari a priori ad un eventuale contratto discografico,
ma se qualcuno vuole i Cheap Wine deve innanzitutto dimostrare
concretamente di credere nella band, deve rischiare qualcosa di
sostanzioso: ovvero, deve investire sul serio su di noi e parlo
proprio di investimento economico. Perchè quelli che si
offrono di aiutarti soltanto con il loro lavoro, hanno poco da
perdere e non possono avere motivazioni credibili. Da questo punto
di vista, ci hanno già fregato una volta e non ci fregheranno
più. In assenza di proposte più che serie, andiamo
avanti con l'autoproduzione: su questo siamo tutti d'accordo.
5) Numericamente il vostro
pubblico è sicuramente cresciuto, ma so che è comunque
difficile avere una regolare attività live in questo periodo
di cover-bands. Manca cultura musicale a tutti i livelli, e anche
il mercato discografico da anni ne risente.
La situazione, in questo
senso, è disastrosa. Alla fastidiosa proliferazione di
insignificanti cover-bands si sta aggiungendo il flagello delle
tribute-bands, quelle che replicano tale e quale lo show dei vari
Vasco Rossi, Ligabue, U2, Kiss, Cure, Bruce Springsteen ecc. Il
fatto è che questi goffi cloni riempiono i locali e tolgono
spazio a chi vuole proprorre materiale originale senza scimmiottare
nessuno. Purtroppo, come dici giustamente, manca cultura musicale:
da questo punto di vista, l'Italia è all'età della
pietra. Per un gruppo come il nostro, dunque, diventa tutto più
difficile, perchè, oltre a suonare canzoni nostre, non
seguiamo le mode e dobbiamo pure scontrarci con l'esterofilia
degli appassionati del nostro genere. Abbiamo scelto la strada
più dura, ma lo sapevamo e siamo felici di quello che stiamo
facendo: il nostro pubblico dobbiamo conquistarcelo concerto dopo
concerto ma questo non ci spaventa affatto.
6) Ti da fastidio il fatto
che dopo quattro dischi tutti recensiti in maniera ottima, ad
ogni uscita siate additati come "sorpresa"? Credi sarebbe
la stessa cosa con un nome straniero?
In effetti, questa cosa
sta diventando ridicola. Lo dicevo già dopo "Ruby
Shade", quando ci definivano "promettenti" o "rivelazioni":
dopo tre dischi o sei una realtà, o una promessa non mantenuta.
E figurati dopo quattro! Non so perchè molti giornalisti
abbiano così paura di cancellare certi aggettivi, ma io
purtroppo sono convinto che la cosa si ripeterà anche dopo
il prossimo album. Con gli stranieri, l'atteggiamento è
ben diverso. A certe bands americane basta il disco d'esordio
per essere considerati una realtà. E' che parte della stampa
e del pubblico è purtroppo ancorata all'elemento esotico:
è affascinata da una band che viene dal Texas e non dà
peso ad un gruppo come il nostro semplicemente perchè siamo
italiani. Dipende dalla mancanza di autonomia critica e, a volte,
dal timore di accostare una band italiana ad una americana, come
se si trattasse di un sacrilegio. Non si
accorgono che i Cheap Wine hanno un'identità forte, una
personalità
definita e non imitano nessuno. Noi non siamo Little Tony che
scimmiotta Elvis Presley. Ma molti sembrano non tenere conto di
tutto ciò e questo spesso provoca giudizi miopi, formulati
con sufficienza. D'altra parte, sono convinto che se "Exile
on main street" l'avesse fatto un gruppo italiano, gli avrebbero
dato tre stelle e mezzo e una pacca sulla spalla. Per fortuna,
però, non tutti i giornalisti e non tutti gli appassionati
di rock sono così. C'è anche chi sa ascoltare e
giudicare un disco a prescindere dall'autore e dalla sua collocazione
goegrafica: noi contiamo proprio su questo tipo di persone per
continuare ad inseguire il nostro rock'n'roll dream.
7) Il coraggio di portare
avanti sempre e comunque le proprie idee: a me vengono in mente
Steve Earle e Ani DiFranco. Sei d'accordo su questi nomi? Te ne
vengono in mente altri? L'ultimo Tom Petty si è scagliato
contro le multinazionali dell'industria discografica e l'ha pagata
con stroncature che il disco non meritava assolutamente. Non mi
sembrava inferiore all'ultimo Neil Young, tanto per fare un paragone,
che invece è stato lodato da più parti.
Di artisti capaci di portare
avanti le proprie idee senza curarsi d'altro, ce ne sono sempre
meno. E, purtroppo, non sono giovanissimi. Steve Earle, Ani Di
Franco, Tom Petty, concordo. Aggiungerei Neil Young, Bob Dylan,
Tom Waits, James Mc Murtry e quasi tutti quelli presenti nella
mia personale discoteca. Nelle nuove generazioni noto poca indipendenza
vera e molta dipendenza da trends e convenienze varie. Non è
facile, perchè bisogna scegliere: conta di più il
successo, il denaro, la popolarità o conta di più
la musica? I Cheap Wine hanno scelto la musica, non c'è
dubbio.
8) Passate regolarmente
alla radio in molti paesi stranieri, c'è la possibilità
di qualche data all'estero?
Per un tour all'estero,
servirebbero contatti che, al momento, non
abbiamo, anche se l'attenzione nei nostri confronti sta crescendo
notevolmente. Servirebbe un indigeno capace di costruire un tour
e organizzare la spedizione,ma non è facile.
9) Vi hanno mai richiesto
per date acustiche?
Sì, un paio di volte.
E' una possibilità che ci affascina molto, perchè
credo che, anche in quella dimensione, abbiamo molto da dire.
Ne abbiamo parlato anche con Alessandra Franceschetti, che ha
suonato il violino in "Crime Stories": sarebbe bellissimo
approntare un set acustico arricchito dal suono del violino. Attualmente,
però, siamo troppo impegnati con il tour elettrico. In
futuro, un tour acustico, non è improbabile.
10) Sono rimaste fuori
canzoni da Crime Stories? C'è un brano che preferisci (il
mio è I Like Your Smell)?
Sono rimaste fuori molte
canzoni, la selezione è stata molto severa. Questo perchè,
come dicevo prima, tutti i brani che finiscono sull'album, devono
entusiasmare tutti i quattro membri dei Cheap Wine. Non c'è
un brano che preferisco in "Crime Stories" e questo
vale anche per tutti i dischi precedenti dei Cheap Wine: amo tutte
le canzoni allo stesso modo: dal vivo, ad esempio, se potessi,
le suonerei tutte, a cominciare da quelli di "Pictures",
ma purtroppo non possiamo fare concerti di cinque ore...
(inedito da Late
For The Sky)
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