Reviews:
concerts
2006,
september 6: Route 66 / L'America Infinita (Castione de' Baratti
- Italy)
2006,
may 16: Espressione Sonora + Massimo Priviero (Bollate - Italy)
2006,
february 17: Francesca De Fazi (Frosinone - Italy)
2006,
january 21: I Luf, Graziano Romani Band, The Gang (Bergamo - Italy)
2005,
july 14-16-18-20-22: Terre Verdiane Jazz Festival (Busseto, Fidenza,
Noceto - Italy)
2002,
february 28: C. S. N. & Y. (Hartford - Connecticut)
2001,
november 24: Bocephus King (Casalgrande - Italy)
2001,
may 10: Graziano Romani & Soul Crusader (Sarzana - Italy)
2001,
january 13: Massimo Bubola (Cadelbosco Sopra - Italy)
2000,
september 17: Farm Aid #13 (Manassas - Virginia)
2000,
june 3: Greg Trooper (Oggiono - Italy)
2000,
june 1: Massimo Bubola (Sissa - Italy)
2000,
may 18: Elliott Murphy & Olivier Durand (Sarzana - Italy)
1999,
may 22: Cheap Wine (Chiari - Italy)
1999,
april 24: Hangdogs + Dirk Hamilton (Chiari - Italy)
1999,
march 27: Sarah Pierce (Chiari - Italy)
1999,
january 30: Massimo Bubola (Chiari - Italy)
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Note
Tra Antiche Dimore
2006, september
6
(Villa Costoncelli, Castione de' Baratti - Italy)
presentazione
del libro "Route 66: L'America Infinita"
Ci sono tante manifestazioni
organizzate per premi inutili, con presentatori improbabili e
un pubblico tutto lustrini.
Ci sono per fortuna anche eventi organizzati con gusto e garbo.
In una calda serata di inizio settembre, nella splendida cornice
del parco di Villa Costoncelli a Castione de' Baratti (poco più
di venti kilometri da Parma) l'intento era solo quello di presentare
un libro sulla Route 66, con contorno di buona musica. D'altra
parte quella che è anche chiamata la Mother Road ha sempre
avuto un rapporto indissolubile con la musica a partire dal suo
cantore principe Woody Guthrie per arrivare a Springsteen passando
per un'infinità di gruppi e/o cantautori.
L'introduzione è stata affidata giustamente all'autrice
Tiziana Barbieri che ha spiegato l'intento del libro, che prende
spunto da un viaggio lungo la famosa Route 66 per dare un panorama
completo dell'America di oggi e confrontarla con la vecchia Europa.
Il titolo completo è Da Costa A Costa / Route 66: L'America
Infinita (Edizioni Pontegobbo). Chi ha percorso anche solo qualche
miglio in quello che è il Parco Nazionale più esteso
del mondo (4.000 kilometri di lunghezza, da Chicago-Illinois a
Santa Monica-California, passando per Missouri, Kansas, Oklahoma,
Texas, New Mexico e Arizona), potrà riscoprire situazioni
e impressioni vissute. Per tutti gli altri potrà scattare
la scintilla della curiosità e chissà che non diventi
meta di vacanza futura.
Sul palco Gianfranco Tosi a leggere brani dal libro sulle note
suadenti di un sax, ma anche le canzoni hanno avuto la loro parte.
Ha aperto Roberta Mora con My My, Hey Hey dal repertorio di Neil
Young ("
il rock'n'roll non morirà mai
",
così come la Route 66
) per poi proseguire con l'ultraclassico
Dream A Little Dream Of Me (a firma W. Schwant / F. Andre / G.
Kahn, cantata tra gli altri da Nat King Cole, da Louis Armstrong
e Ella Fitzgerald, da "Mama" Cass Elliott dei Mamas
And Papas e dai My Morning Jacket). Annalisa Pelacci ha offerto
due pezzi dal song-book di Bruce Springsteen: The River e The
Ghost Of Tom Joad; la famiglia Joad, protagonista del romanzo
di John Steinbeck Furore, è stata solo una delle migliaia
di famiglie che ha percorso la Route 66, per fuggire dalla miseria
in cui versava l'Oklahoma durante la Grande Depressione, per raggiungere
la California, e con essa la speranza di un futuro migliore.
Selene Maggio ha reinterpretato il Tom Waits di Downtown Train,
per arrivare ad una scatenata versione di Route 66 (scritta nel
'46 da Bobby Troup, è stata un successo di Nat King Cole,
Rolling Stones, Depeche Mode, eccetera
).
Alla fine le tre cantanti e tutti i musicisti insieme per un'altra
resa di Route 66, con la luna che si alzava in alto nel cielo
per riuscire ad osservare, attraverso gli alberi del parco, cosa
diavolo stesse succedendo quaggiù.
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Massimo Priviero + Espressione
Sonora
2006, may 16
(Teatro Interno della Casa Circondariale, Bollate - Italy)
tributo a Johnny
Cash
Vi dicono niente i nomi
di Folsom e San Quentin? Eppure, si era alla fine degli anni '60,
due tra i più famosi dischi live della storia del rock
vennero incisi proprio lì, in quelle due prigioni. Due
dischi importanti nella carriera di Johnny Cash, vera e propria
leggenda per gli amanti di rock, country, folk, gospel e blues.
In concomitanza con l'uscita in dvd di Walk The Line, sulla vita
di The Man In Black, la 20th Century Fox ha organizzato una serata-tributo
a questo straordinario cantore americano scomparso da pochi anni:
sul palco Massimo Priviero con la sua band e gli Espressione Sonora,
tre ragazzi detenuti, appunto, nella Casa Circondariale di Bollate,
luogo dell'evento.
L'ingresso era aperto al pubblico, ma ovviamente, bisognava prenotarsi
e registrarsi per tempo; comunque, lo spazioso teatro era colmo
di gente, tra "esterni" e "non".
Certo, quando alle nostre spalle di visitatori, si sono chiusi
i cancelli, e agenti in divisa ci hanno accompagnato per cortili
e corridoi, la sensazione era di quelle difficili da descrivere:
ti sentivi quasi in colpa, perché sapevi che da lì
a due ore saresti uscito nuovamente, avresti recuperato l'auto
con tutti i tuoi effetti personali (mentre i documenti erano rimasti
in mano agli agenti), e ti saresti diretto verso casa, magari
dagli amici, magari dalla famiglia, lasciando lì persone
che non sapevi nemmeno perché c'erano.
Spazio alla musica: parte subito Priviero, anche direttore artistico
della serata. L'inizio è con Chimes Of Freedom di Mastro
Bob Dylan. Nessuna Resa Mai dello stesso Priviero, con la band
che lo asseconda ottimamente, è un pugno allo stomaco,
mentre la successiva Girl From North The Country arriva dalle
sessions che tennero insieme, tanti anni fa, proprio Cash e Dylan.
In rapida successione il rocker veneto propone dal suo repertorio
San Valentino (il pezzo che lo portò all'attenzione del
grande pubblico) e Angel, per finire con Nikolajevka, grande pezzo
sulla ritirata di Russia nel '43.
È ancora un brano di Dylan, Knockin' On Heaven's Door,
a fare da trait d'union tra un set e l'altro, con la Massimo Priviero
band e gli Espressione Sonora tutti insieme sul palco per una
versione davvero emozionante.
Gabriele (chitarra elettrica e voce), Moreno (al basso) e Roberto
(alla batteria), ed è subito I Walk The Line. Il pubblico
gradisce, anche gli agenti battono a ritmo il piede, pur senza
potersi distrarre più di tanto, e la musica continua a
scivolare via, con Ring Of Fire, con Folsom Prison Blues, con
una splendida rendition di Jackson. Highwayman è superlativa,
con Gabriele che tira fuori una voce che ti fa pensare che in
quell' esatto istante, lui non sia più lì, sia "evaso",
su una qualche strada di quegli States che dichiara di amare.
E un altro suo grande amore è quello per il Boss: Springsteen
viene omaggiato con Waitin' On A Sunny Day (versione migliore,
anche se non era obiettivamente difficile, dell'originale) e Born
In The U.S.A..
Il tempo è tiranno, ma non può finire così;
infatti, richiamati on stage Massimo e i suoi, ecco il coro collettivo
(tutti, musicisti e pubblico) di We Shall Overcome, prima della
chiusura definitiva di Blowin' In The Wind.
Rimane solo il tempo di qualche parola scambiata velocemente con
i ragazzi ancora sul palco, di qualche pacca sulla spalla, poi
ti riaccompagnano al cancello, al parcheggio illuminato da una
luna arancione, e lo sai che, nascoste nelle orecchie e nell'anima,
hai fatto uscire dalle sbarre le note, la musica, proprio come
ti aveva insegnato Johnny Cash quasi 30 anni fa.
(da www.rootsandblues.org)
Francesca De Fazi
2006, february
17 (Glie Cannerile, Frosinone - Italy)
Se siete alla ricerca disperata
di una blues-woman dalla voce calda e potente, e dall'ottima tecnica
chitarristica (sia che si tratti dell'acustica, sia che si tratti
del dobro) Francesca De Fazi è quella che fa per voi.
Chi già conosce i suoi dischi live, Blues Dues (in quartetto)
e One Woman Band (dove è sola sul palco), sa quello che
questa bionda romana può dare in concerto.
Quindi, seppur influenzato, ho affrontato con cuore leggero i
600 chilometri che mi separano da Frosinone. Il Glie Cannerile,
peraltro splendido localino del centro storico, non è forse
molto adatto alla musica dal vivo, ma il pubblico si è
dimostrato attento e competente, applaudendo calorosamente le
canzoni che per quasi due ore Francesca De Fazi e il fido tastierista
Luciano Lucky Gargiulo hanno offerto loro.
Covers e pezzi propri, alternando blues, jazz e rock'n'roll, Frances
Blues ha incantato.
Le sue ottime Ache In My Heart, Everywhere You Go, la dedica alla
Joplin di Circe Of Love, la nuova Making Miracles, più
brani di Jimi Hendrix (Manic Depression e Drifting), Doors (Love
Me Two Times), Nehemia "Skip" James, Robert Johnson,
e tante altre, tra le quali perfino la rivisitazione blues di
Like A Virgin, ripescata dal calderone pop degli anni '80.
Alla fine, dopo 110 minuti di sudore, canzoni e vino, la considerazione
è d'obbligo: c'è bisogno di un disco in studio,
che potrebbe anche essere inciso in America.
Non è finita qui: i pochissimi fortunati che si sono spinti
all 'Organ (mitica venue cittadina), hanno potuto assistere ad
una improvvisata jam tra Francesca e musicisti locali, tra le
quali è spiccata per intensità Sweet Home Chicago,
e a questo punto la serata sarebbe anche finita, ma c'era un piccolo
particolare: 600 chilometri da fare per tornare a casa, con il
cuore un po' meno leggero che alla partenza
(da www.rootsandblues.org)
I
Luf, Graziano Romani Band, The Gang
2006, january
21 (Pala Creberg, Bergamo - Italy)
Insieme
sognare si
può: sembra una frase banale e patetica, magari lo slogan
di un politico che ha bisogno di una sedia da cui comandare. Invece,
per una sera, è stato lo slogan di persone che su una sedia
sono costrette a viverci, costrette dal loro handicap, e per una
sera il sogno si è trasformato in uno splendido concerto,
di cui i protagonisti sono stati sì i tre gruppi invitati,
ma soprattutto le 1500 persone che hanno gremito il PalaCreberg
di Bergamo, prestato per l'occasione all'associazione Soffia Nel
Vento.
Già durante le prove si capiva che sarebbe stata una serata
speciale, con Graziano Romani e i fratelli Severini (The Gang,
of course
) a provare insieme quelli che sarebbero stati
il secondo ed il terzo set, con in più una I Shall Be Released
improvvisata ma subito finita nella scaletta di quelli che sarebbero
stati i bis conclusivi. Nei camerini, prima del concerto, Grida
Al Cielo si trasforma in I Was Made For Lovin' You di Kissiana
memoria, e alla domanda di Sandro "La famo?", tutti
scoppiano a ridere, ma sarebbe stato veramente troppo
.
Sono I Luf ad aprire ufficialmente la serata, con un set coinvolgente
ed entusiasmante: Vento, Cuore A Sinistra Portafoglio A Destra,
Le Ombre Degli Amici, Breva E Taiwan, Pater Noster Poc Incioster,
la Lynyrdskynyrdiana So Nashit'n Val Camonega (sulla musica di
Sweet Home Alabama), fino al finale, con sul palco i Gang a cantare
e suonare O Pescator Che Peschi (che nel bel disco dei lupi lombardi
Bala E Fa Balà apre e chiude il disco). Pubblico a spellarsi
le mani, e grande soddisfazione per Dario Canossi e i suoi lupacchiotti.
È la volta di Graziano Romani, con la band che lo accompagna
anche nell'ottimo disco Confessions Boulevard, uscito di recente.
Manca solo "Tede" Tedeschini, così, fin dal secondo
pezzo (Da Che Parte Stai) è Sandro Severini a farsi carico
delle parti soliste alla chitarra. Per Via Emilia c'è il
duetto Marino - Graziano, e poi via veloci con Acceso, Dio Della
Radio, Adios e Grida Al Cielo.
L'inizio del set dei Gang (con Romani e i suoi come band) ci regala
l'inusuale Cambia Il Vento, alla quale seguono Quando Gli Angeli
Cantano ("sigla" della serata?) e i classici Paz e La
Pianura Dei Sette Fratelli. Bandito Senza Tempo è resa
in una solare versione reggae, poi è la volta di L'Altra
Metà Del Cielo e della conclusiva Fino Alla Fine con il
pubblico che ormai ha abbandonato le poltrone per accalcarsi sotto
il palco.
Fine? Assolutamente no! Il sipario si riapre e tutti i musicisti
impegnati nella serata ci offrono la già citata I Shall
Be Released. In una serata così, "magia" e "poesia"
, non sono solo cose astratte, ma le puoi toccare con mano. È
il turno della più bella canzone rock di sempre: Like A
Rolling Stone, ancora Dylan, e siccome non c'è il due senza
il tre, si arriva a Knockin' On Heaven's Door che per l'occasione
("Dario, cosa facciamo?" "Graziano, io canto in
dialetto bergamasco, non in inglese", e il saxofonista Marmiroli:
"Ah, ma noi le traduciamo") nel ritornello diventa Pica
La Porta Del Paradis.
La musica è finita, ho guardato gli occhi dei ragazzi che
avevano fatto tardi per rimanere fino in fondo, ho guardato gli
occhi dei musicisti, ed è stato facile capire che per tutti
era appena terminata una serata speciale.
(da www.blackdiamondbay.it)
Terre
Verdiane Jazz Festival
2005, july 14-16-18-20-22
(Busseto/Fidenza/Noceto - Italy)
La prima edizione del Terre
Verdiane Jazz Festival è andata in archivio con un ottimo
successo di pubblico e critica. I comuni interessati (Fidenza,
Noceto e Busseto), la Provincia di Parma e l'Associazione Musicale
Ritmica hanno allestito un cartellone di tutto rispetto e di rilievo
sono stati anche i set che accompagnavano il cartellone principale,
con un applauso per la voce di Alessia Galeotti, molto stimata
a livello locale, ma non solo. La sera del 14 Billy Cobham e la
sua band composta da Frank Gambale alla chitarra, Rick Fierabracci
al basso e Tom Coster alle tastiere. Il celebre batterista (che
annovera tra i riconoscimenti il World Class Master, assegnatogli
per l'incredibile passione messa nei numerosissimi progetti a
cui ha preso parte) ha ricalcato in gran parte l'album Spectrum
del 1973.
Coinvolgente il concerto del quartetto di Toots Thielemans del
16 a Busseto nella piazza dedicata a Giuseppe Verdi, con la sua
armonica ha proposto vari standards, da Duke Ellington a Louis
Armstrong e omaggiando "Giuseppe" (come lo chiama lui
)
con una melodia da La Forza Del Destino.
Il 18 a Noceto è stata la volta di Rossana Casale con lo
spettacolo Billie Holiday In Me. Coadiuvata da Luigi Bonafede
al piano, Aldo Mella al contrabbasso, Francesco Sotgiu alla batteria
e Roberto Regis al sax, ha reso una serie di brani intimamente
legati ai sentimenti, con testi che parlavano di amori traditi,
in vendita, spezzati, cantati ora con dolcezza, ora con malinconia,
ora con rabbia, sempre con il cuore. Da God Bless The Child a
You've Changed a Love For Sale, per quasi 90 minuti da brividi:
bravissima!
Il 22 la settantatreenne Miriam Makeba ha portato il suo spettacolo
a Busseto, per quello che sembra essere il suo ultimo tour. In
dieci sul palco, la leggenda sudafricana ha ammaliato il pubblico
con la sua miscela di blues, folk, ritmi africani, jazzy e caraibici,
lasciando il giusto spazio anche agli altri vocalist (tra cui
la nipote Zenzi Lee), fino alla travolgente riproposizione di
Pata Pata e al finale con tutti i componenti del gruppo a cantare
a cappella.
Conclusione il 22 con una all star band italiana che vedeva riuniti
sul palco le trombe di Franco Ambrosetti, Emilio Soana e Gigi
Ghezzi, i sax di Gianluca Ambrosetti, Gabriele Comelio e Giulio
Visibelli, il trombone di Mauro Parodi, il basso tuba di Rudy
Migliardi, il contrabbasso di Riccardo Fioravanti, il piano di
Claudio Angeleri e la batteria di Stefano Bagnoli.
Signori, questa rischia di diventare una delle manifestazioni
più importanti del nostro Paese!
(da www.blackdiamondbay.it)
C. S. N. & Y.
2002, february
28 (Hartford - Connecticut)
Il mio arrivo a Boston,
la sera precedente al concerto, non e' dei piu' incoraggianti:
infatti nevica che e' un piacere.
Dopo un improvvisato piccolo tour con l'auto per una downtown
che si va rapidamente imbiancando, parto alla volta di Hartford,
capitale del Connecticut: a ventiquattrore di distanza Crosby
Stills Nash & Young suoneranno al Veterans Memorial Coliseum.
Questi Americani avranno tanti difetti, ma intanto si concedono
il lusso di costruire centri commerciali con all'interno un centro
polifunzionale (concerti, partite di basket e hockey) da 15.000
persone. Qui non nevica, ma il freddo penetra fino alle ossa.
Alla sera, gia' nella hall antistante l'ingresso, da grandi casse
fuoriescono le note di Let's Roll, la canzone che Young ha scritto
sui fatti dell'11 settembre. Saranno altre tre le canzoni nuove
che il canadese proporra': Goin' Home, gia' ascoltata l'estate
scorsa quando la suonava con i Crazy Horse, You're My Girl e Two
Old Friends. Una constatazione: in scaletta non c'e' nemmeno un
brano dagli ultimi due dischi in studio del quartetto. Ma poco
importa, la sala e' gremita, i quattro vecchi pards sono in forma
smagliante, e la voglia che hanno di divertirsi, viene instantaneamente
captata dal pubblico. E cosi' si puo' vedere Young rifilare un
calcio nel didietro a Crosby, che gli risponde "sparandogli"
con un dito, e si puo' sentire Stills che vorrebbe cantare una
canzone dello stesso Young.
L'inizio e' al fulmicotone con Carry On / Question, con Stephen
e Neil che si scatenano in assoli che portano la canzone a durare
12 minuti. Si continua con una grande versione di Goin' Home,
e poi e' Nash protagonista con Military Madness, canzone sempre
purtroppo di attualita'. Le armonie vocali sono pressoche' perfette,
ne e' un esempio Siute: Judy Blue Eyes. Crosby si scatena da par
suo in Almost I Cut My Hair , ma tutti sono veramente in palla,
e un applauso va anche a Boker T. Jones alle tastiere, "Duck"
Dunn al basso e Steve Potts alla batteria. Le emozioni non mancano:
durante Half Your Angels il pubblico ascolta in religioso silenzio
la voce di Nash. Dopo due ore e mezza si arriva al gran finale
con Déjà vu' e Long May You Run, con Young insoddisfatto
di come stava venendo e la fa ricominciare! Quando si esce la
notte e' ancora giovane, il vento freddo e' un po' calato, e la
voglia di musica e' ancora tanta: ma non e' un problema, siamo
in America, e al primo club che incontro mi investono le note
di un blues
.
(da Jam #81)
Bocephus
King
2001, november
24 (Barricada Cafè, Casalgrande - Italy)
Poteva sembrare un azzardo
tornare in Italia senza un disco nuovo da promuovere, e senza
una band alle spalle, come nei passati tour, ma Jamie Perry non
ha resistito alla tentazione di un'altra visita al nostro paese
e, chiamato in aiuto il fido Paul Rigby, ha attraversato per buona
parte del mese la nostra penisola, raccogliendo consensi ovunque.
Certo, non più teatri, ma piccoli clubs fumosi a stretto
contatto con la gente, per salutare i vecchi amici, e per conoscerne
di nuovi.
Un grande ringraziamento per tutto questo va al giovane cantautore
Andrea Parodi, titolare di un disco registrato a Vancouver con
la vecchia formazione dei Rigalattos al completo, e il King come
produttore.
Il concerto è l'occasione per ripresentare vecchi classici
del repertorio bocephusiano, mischiati con covers più o
meno conosciute. Si va quindi da Josephina a Small Good Thing
passando per Just Like Tom Thumb's Blues e Smoke On The Water,
per arrivare tramite Eight And A Half e What Am I Doing Here?
a Simple Twist Of Fate e chiudere con Will The Circle Be Unbroken?,
senza dimenticare Nowhere At All, in duetto con Parodi, un po'
in italiano e un po' in inglese, scambiandosi le parti e trasformando
la canzone in Lui Non C'è Più, in una pazza e sgangherata
versione che ha fatto divertire il pubblico.
Due ore e venti di concerto, con un grande Rigby che si alternava
tra chitarra, mandolino e lap steel.
All The Children Believe In Heaven, il nuovo disco di Bocephus
King, sarà pronto per i primi mesi del nuovo anno.
(da www.blackdiamondbay.it)
Graziano
Romani & Soul Crusader
2001, may 10
(Jux Tap, Sarzana - Italy)
Che Graziano Romani sia
una delle voci più belle del panorama rock (quello vero)
italiano, lo sappiamo da anni; ora, a confermarlo, esce questo
omaggio alle canzoni di Springsteen, e il rocker emiliano è
in giro per presentarlo.
La serata del Jux Tap si è rivelata magica, con Romani
ed il suo gruppo a riproporre le canzoni di Soul Crusader con
un feeling e una forza che hanno entusiasmato il pubblico.
Ottime le rese di Don't Back Now e Drive All Night, ma non ci
sono state cadute di tono, anzi, il concerto è cresciuto
nota dopo nota.
Una citazione è doverosa per la band: Paolo Campioli alla
chitarra solista, Lele Cavalli al basso, Massi Baldaccini alla
batteria, il Maestro Francesco Germini al piano e al violino e
"Grizzly" Marmiroli al sax e al flauto.
Un regalo particolarmente gradito di Graziano ai suoi fans di
vecchia data, sono state le inattese Freedom Rain, Old Rocker
Busted e Soul Of A Man di rockinchairsiana memoria.
E alla fine, tutti insieme a cantare Fire, Because The Night e
Hungry Heart.
La E (Emilian) Street Band suona con l'anima: non lasciatevi sfuggire
Soul Crusader!
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Massimo
Bubola
2001, january
13 (Cadelbosco Sopra - Italy)
Il concerto si è
tenuto nell'ambito di una rassegna dedicata allo scomparso Fabrizio
De André, e una lunga chiacchierata sul palco col giornalista
Ernesto DePascale, ha aperto la serata. È stata l'occasione
per ripercorrere con le parole e i ricordi, i primi anni di carriera
di Massimo, e si è parlato del reciproco scambio cultural-musicale
che c'è stato tra questi due grandi poeti della nostra
musica, anzi Musica.
Io personalmente, sono convinto che operazioni di questo tipo
(intervista all'inizio o alla fine dello show) siano molto interessanti:
non sono "solo canzonette", il rock è cultura.
Di sovente troviamo più sostanza e spessore in quattro
minuti di una canzone che nelle 200-300 pagine di molti libri.
Se da anni un certo Bob Dylan è candidato al Nobel per
la letteratura, un motivo ci sarà.
Verso le 23 Massimo è raggiunto sul palco da Roberto Ortolàn
e dal solito scatenato Moreno Marchesìn: un gruppo ridotto
all'osso, ma egualmente efficace. L'apertura è per la splendida
Capelli Rossi, dove però Massimo fa un po' fatica a tenere
la giusta intonazione di voce. Continuo a pensare che non sia
una canzone adatta per iniziare un concerto. Ma il prosieguo è
una continua escalation di emozioni. Possiamo così ascoltare
vecchie song come Fiume Sand Creek e Sally, o più recenti
come Addio & Goodbye e Emmylou. C'è spazio anche per
la "nuova" Colline Nere e per una Un Angelo In Meno
in versione elettrica. Dopo un'ottima Il Cielo D'Irlanda i tre
lasciano il palco, ma il numeroso pubblico non ci sta e prontamente
li richiama fuori per altri due brani. Tre Rose è il suggello
ad una bellissima serata. Una serata da brividi, e non solo per
la febbre a 38,5° che ho scoperto di avere una volta a casa!
La scaletta:
1. capelli rossi
2. fiume Sand Creek
3. colline nere
4. Emmylou
5. l'usignolo
6. addio & goodbye
7. Sally
8. un angelo in meno
9. Hotel Supramonte
10. niente passa invano
11. canto del servo pastore
12. il cielo d'Irlanda
encores:
1. Don Raffaé
2. tre rose
(da Appunti Di
Viaggio #25 e Massimo Bubola Fanzine #2-2001)
Farm
Aid #13
2000, september
17 (Nissan Pavillion, Manassas - Virginia)
Come più volte hanno ripetuto nelle interviste Neil Young
e Willie Nelson, questo concerto giunto al quindicesimo anniversario,
dovrebbe essere solo l'occasione per una grande festa, mentre
invece è quasi d'obbligo allestirlo per raccogliere fondi,
vista la drammatica situazione dei contadini americani.
Per l'occasione esce un doppio cd dedicato all'evento, vera chicca
imperdibile, con canzoni tratte dalle edizioni passate del benefit.
Possiamo ascoltare quindi oltre a Young, Nelson e John Mellencamp
(il terzo organizzatore della manifestazione): Bonnie Raitt, Dave
Matthews Band, Steve Earle, Brian Adams, Los Lobos, Johnny Cash,
Beck e tanti altri; venticinque canzoni per celebrare un appuntamento
importante, ma soprattutto per ricordare e per aiutare.
Il Nissan Pavillion è un bellissimo posto a poche decine
di chilometri da Washington D.C.: palco enorme e pubblico tutto
a sedere, quasi tutto al coperto, con una parte che si può
invece comodamente sdraiare su un prato; la giornata stupenda
del resto lo permetteva.
L'inizio dello spettacolo (poco dopo l'ora di pranzo) vede impegnata
l'orchestra di Jimmy Sturr: country e polke a gran velocità
con l'intervento di Willie Nelson in una canzone.
Dopo Chris Di Croce è la volta delle Cowboy's Nightmare:
sei bionde scatenate che, un po' per l'avvenenza, un po' per la
simpatia, un po' per la bravura indiscutibile, non faticano a
trovare il consenso del pubblico.
Sono le 2 p.m.: sul palco salgono insieme Pat Green e Willie Nelson.
Il duetto è godibilissimo, e anche il resto del set (altre
due canzoni) del più giovane dei due texani è veramente
buono; forse avrebbe meritato più spazio. Il giovane ha
talento, in Texas hanno una grande considerazione di lui.
La brasiliana (di San Paolo) Badi Assad Menagerie è considerata
un'ottima chitarrista di fingerstyle. Guitar Magazine l'ha inserita
nell'elenco dei più importanti quindici chitarristi della
decade ormai trascorsa. Ottimo stile vocale (anche se qualche
vocalizzo di troppo
), sul palco ci sa veramente fare. Una
curiosità: qualcuno la ricorda nei Megadeth?
Il 22 settembre del 1985 si teneva la prima edizione del Farm
Aid. Nello stesso anno nasceva Shannon Curfman. Visibilmente emozionata
la ragazzina ha proposto cinque canzoni dal suo album Loud Guitars,
Big Suspicions. Il pubblico l'ha dapprima incoraggiata e poi acclamata
a gran voce. Metà Bonnie Raitt, metà Janis Joplin,
la piccola non è una bufala creata dalla casa discografica:
è brava veramente, aspettiamola, non ci deluderà!
Intanto al Farm Aid ha offerto venti minuti molto, ma molto interessanti.
È l'ora di Arlo Guthrie: il suo set è stato emozionante.
Ottimo l'accompagnamento del suo gruppo nelle famosissime St.
James Infirmare, Coming Into Los Angeles e City Of New Orleans.
Sawyer Brown (alla quarta apparizione al Farm Aid) ha movimentato
il pomeriggio saltellando di qua e di là sul palco proponendo
tra le altre Six Days On The Road.
Veramente scatenato, simpaticissimo, ha ballato e fatto ballare.
Una piacevole conferma. 19 hits nelle top ten non si hanno a caso,
e del resto sono diciassette anni che le sue performances sono
applaudite in tutto il mondo.
I fratelli Luther e Cody Dickinson, assieme all'enorme bassista
nero Chris Stew, formano i North Mississippi Allstars. I tre giovani
hanno proposto alcuni brani da Shake Hands With Shorty, sporcando
ancora di più i suoni. Le nuove leve non sfigurano.
It's country time! E soprattutto è ora di miliardari! Infatti
in rapida successione sfilano i georgiani Travis Tritt e Alan
Jackson.
Il primo ha deliziato il pubblico con classici del suo repertorio,
ma anche con Best Of Intentions e Southbound Train, che faranno
parte dell'album Down The Road I Go, in uscita ad ottobre.
Il secondo ha proposto Chattahoochee, Summertime Blues, The Blues
Man, Little Man e il super hit Pop At Top (un classico del 1967
di Jim Ed Brown). La platea si spella le mani, ma non è
ancora sera e ancora molto deve succedere.
I canadesi Barenaked Ladies (tutti maschietti) sono in giro dal
1992. Si presentano sul palco vestiti tutti uguali e dopo Too
Little, Too Late dall'album Maroon, offrono ottime rese di If
I Had 1.000.000 Dollars, One Week e Memories (sì, da Cats).
Balletti anche di takethatiana memoria, prese in giro rappate
di Celine Dion, Britney Spears e Cher, le (i) Barenaked Ladies
hanno divertito tutti, incontrando i gusti di giovani e meno giovani.
Infatti tra il pubblico eterogeneo si poteva trovare sia la ragazzina
dodicenne quanto il vecchietto bizzoso, il distinto signore quanto
il biker, la cowgirl quanto la casalinga.
Sono le 19.30. On stage ci sono Spooner Oldham (tastiere), Jim
Keltner (batteria), Ben Keith (chitarra), "duck" Dunn
(basso), Astrid Young e Pegi Morton (cori). Il settimo è
Neil Young! La prima canzone è Daddy Went Walkin', dedicata
al padre in Canada, tratta dall'ultimo disco. A seguire From Hank
To Hendrix da Harvest Moon. E del resto i musicisti sono gli stessi
di Silver And Gold. Ma poi il vecchio bisonte dell'Ontario, cappello
in testa e maglietta con la scritta Stop Factory Farms, imbraccia
la mitica Old Black (la sua Gibson Les Paul del '56) e parte con
una potente versione di Powder Finger seguita a sorpresa da Everybody
Knows This Is Nowhere e da Motorcycle Mama (spazio a Astrid, la
sorella, e a Pegi, la moglie). L'introduzione della canzone successiva
sembra quella di Like A Hurricane, si trasforma in quella di Southern
Man, ma poi parte una grande, lunga versione di Cowgirl In The
Sand. Il vecchio Neil ci ha dato dentro come al solito e gli applausi
sono giustificatissimi.
Si presenta tutto acustico invece John Mellencamp: due chitarre,
violino e steel. Arriva fumando sul palco, guarda il pubblico,
spegne la sigaretta e regala Rain On Scarecrow, Small Town e Street
Fightin' Man (!); del resto la route 66 è lì a pochi
chilometri, e gli Stones sono sempre stati nel suo cuore. In una
canzone c'è Greta Gaines ai cori, mentre è Tiffany
a raggiungerlo per duettare in Key West Intermezzo. La chiusura
è con l'inno Pink Houses, cantato da tutti i presenti a
squarciagola. Il bastardo dell'Indiana, l'ex coguaro, ha convinto
tutti. Tanta energia, anche unplugged.
È uno dei momenti più attesi: Crosby, Stills, Nash
& Young! È Stephen ad aprire le danze con Love The
One You're With, poi Graham canta meravigliosamente Marrakesh
Express e Neil offre una Helpless (elettrica!) da brividi. E David?
Come al solito il lavoro più grosso nelle armonie vocali
è suo e più tardi confermerà tutta la sua
bravura con Almost Cut My Hair (con Stills alla solista), preceduta
da Helplessy Hopin' e Our House. A sorpresa, la canzone finale
è Cinnamon Girl. Una bella esibizione, bravi anche Keltner
e Dunn, ma
erano tutte songs di trent'anni fa, a conferma
del fatto che l'ultimo disco non era un granché. Però
ragazzi, trovarli tutti insieme a cantare è veramente emozionante!
Non è finita! Tocca a Willie Nelson! A quasi settant'anni
il texano di Pedernales è ancora in giro, e fa tranquillamente
shows di due ore e più, e si trattiene poi a firmare autografi
per lungo tempo per soddisfare i suoi fans. Eh, i vecchietti terribili
non si trovano solo a Cuba! Whiskey River, Stay All Night, Jambalaya,
Always In My Mind, On The Road Again i suoi pezzi. Ottimo Mickey
Raphael all'armonica e tutti gli altri musicisti, ma volete sapere
chi c'era alla batteria? Nientemeno che Tipper Gore, moglie del
candidato alla presidenza degli U.S.A. Al Gore!
E ora tutti on stage! Le immancabili e imperdibili Will The Circe
Be Unbroken? e Amazing Graces fanno alzare in piedi tutti i presenti.
Tutti gli artisti coinvolti sono salutati da una grande ovazione,
ma non tutti lasciano il palco.
Willie Nelson risponde alle richieste del pubblico con Take It
On Home, Please Don't Talk Me When I'm Gone e la stupenda Pancho
And Lefty del compianto Townes Van Zandt.
Si chiude il sipario, la tredicesima edizione del Farm Aid è
finita, tutti lasciano il Nissan più che soddisfatti.
Sicuramente tra un anno ci sarà la quattordicesima.
Sarà solo una grande festa?
(da Jam #65)
Greg
Trooper
2000, june 3
(Oggiono - Italy)
Greg Trooper era già
passato di qui alcuni mesi fa, da solo, con una chitarra.
In questo lungo tour europeo si ripresenta a Oggiono con la classica
formazione due chitarre- basso-batteria.
All'inizio c'è qualche problema tecnico, ma Greg è
in forma, e lungi dal lasciarsi innervosire dall'inconveniente,
anzi divertito, intrattiene il centinaio di persone intervenute
con le stupende canzoni del suo song-book e alcune cover davvero
azzeccate che altro non fanno che mostrare le influenze e la cultura
musicale del cantautore che viene da Nashville.
Vengono riproposti i suoi classici come "light in the window",
"we wont dance", "little sister", "bluebell",
"long gone dream", "Hanna's dreams"; il tutto
inframezzato da tributi a Bob Dylan ("i'll keep it with mine")
e all'amico Steve Earle ("someday") e riesce anche a
coinvolgere i presenti in un paio di canzoni.
Gli encores sono la sua "22 miles to Bristol", la bellissima
"Carmelita" (Warren Zevon) e l'inattesa "love me
do" (erano in quattro, e venivano da Liverpool
).
Ma non è finita, perché Greg Trooper e la sua band
vengono richiamati per l'ennesima volta e il finale è un'incredibile
versione di "Ohio" di Neil Young.
Un grandissimo concerto, lo ricorderemo a lungo tutti, così
come lo ricorderà sicuramente "Mr. Wine", il
fonico.
Un ultimo ringraziamento ai coraggiosi (pazzi) organizzatori:
Oggiono diventerà un'altra roccaforte del rock a stelle
e striscie.
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Massimo
Bubola
2000, june 1
(Sissa - Italy)
Quella di Sissa, nella
bassa parmense, è forse la più importante festa
della birra della provincia emiliana. Giunta ormai alla nona edizione,
può vantare d'avere come sponsor ufficiale la famosa scura
Guinnes, e non è da tutti.
Sul (forse un po' piccolo) palco addossato alla Rocca si sono
esibiti nel corso degli ultimi anni gruppi importanti del panorama
italiano come The Gang, Bandabardò e Modena City Ramblers.
E' quindi giunta l'ora di Massimo Bubola che, accompagnato dalla
fida Eccher Band, si è impegnato nel pescare dal suo immenso
repertorio le canzoni adatte per tenere vicini al palco i numerosi
presenti.
Ma non è stato difficile: la bellezza delle canzoni proposte
ha coinvolto il pubblico fin dall'inizio del concerto.
Bubola ha cominciato con versioni molto tirate di "Treno
di mezzanotte", "Vieni alla finestra", "Alì
Zazà" e "Johnny lo zingaro", per poi passare
a pezzi più intimisti quali "Capelli rossi" e
"Un angelo in meno".
Come al solito bravissimi Simone Chivilò e Roberto Ortolan
alle chitarre, Piero Trevisan al basso e Joe Damiani alla batteria:
grande band!
Scorrono via via "Quello che non ho", "Una tirata
d'orecchio", "Hotel Supramonte", "Innocente",
"Camicie rosse" e "Corvi", fino alle indimenticabili
"Cielo d'Irlanda", "Volta la carta" e "Andrea".
Il pubblico continuava a richiamare fuori Massimo e i ragazzi
della band, ma se le zanzare hanno dato tregua per una sera, lo
stesso non si può dire dell'improrogabile orario di fine
serata.
Peccato che il veronese non abbia presentato nessuna delle nuove
magnifiche canzoni che finiranno sul prossimo album.
Grande serata, con pubblico contento e Massimo Bubola felice,
ma era ormai l'ora di lasciare la Rocca ai bicchieri vuoti e alle
lucciole.
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Elliott
Murphy & Olivier Durand
2000, may 18
(Jux Tap, Sarzana - Italy)
Il Jux Tap è un
locale a pochissimi kilometri dal mare, un bellissimo locale:
a Austin farebbe una splendida figura.
Elliott Murphy, tornato in Italia per una manciata di date, ne
è rimasto talmente affascinato da regalare una serata veramente
grande a chi, a ragione, ha pensato di trascorrere un giovedì
sera tra birre e rock'n'roll.
Ad accompagnare il newyorkese ancora una volta è il francese
Olivier Durand, già con Little Bob, il rocker di Le Havre.
Così come l'anno scorso non si è assolutamente sentita
la mancanza di una sezione ritmica alle spalle dei due amici che
hanno trascinato il pubblico per due ore fino al delirio collettivo
del finale, attraversando in lungo e in largo quaranta anni di
rock'n'roll con cover che hanno fatto ballare tutti. E nessuno
voleva che finisse.
Quindi, alle proprie canzoni vecchie e recenti come Drive All
Night, Just A Story From America e Hard Core, il biondo con cappello
Elliott ha offerto le immancabili Gloria e Wild Horses, assieme
alle immortali (tanto per citarne alcune) Knockin' On Heaven's
Door e Like A Rolling Stone.
A più di vent'anni di distanza dagli esordi Elliott Murphy
si dimostra ancora vitalissimo, e poi che dire del bravissimo
Olivier Durand? Un grosso applauso a tutti e due.
D'accordo, abbiamo fatto tardi, ma fuori, nella notte, c'era la
luna piena pronta per guidarci fino a casa!
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Cheap
Wine
1999, may 22
(Teatro Toscanini, Chiari - Italy)
22 maggio 1999: Chiari
alza il volume. Arrivano i Cheap Wine: Marco Diamantini (voce,
chitarra e armonica), il fratello Michele (chitarra elettrica),
Francesco "Zano" Zanotti (batteria) e Alessandro Grazioli
(basso). A dispetto del nome preso in prestito da una canzone
dei Green On Red, il gruppo è infatti italianissimo, per
la precisione di Pesaro. Ma le influenze musicali che i ragazzi
hanno subito sono chiarissime fin dalle prime note: rock americano
anni '70/'80. Alternando i pezzi del mini C.D. Pictures e del
più recente A Better Place i quattro giovani ci regalano
un concerto molto tirato dove a turno possono far vedere il loro
valore che, a dispetto della verde età, è veramente
elevatissimo. Scorrono così le ottime PLAYING WITH A BUTTERFLY,
la dolce e sofferta BROKEN DREAM, AMONG THE STONES e altre canzoni
(per un totale di diciassette brani). Non può mancare ovviamente
la stessa CHEAP WINE, e in più viene pagato ulteriormente
il tributo ai loro gusti musicali con un pezzo a testa per Tom
Petty e il coguaro John Mellencamp. Il finale è pirotecnico
con HEY HEY, MY MY del vecchio (ma non troppo) Neil Young. Quindi
che dire ancora? Questi ragazzi suonano veramente alla grande,
alzando un incredibile muro di suoni, addolcito di tanto in tanto
dall'armonica del leader e non hanno fatto rimpiangere assolutamente
al solito pubblico competente del teatro Toscanini la mancanza
di qualche artista più di richiamo. Come al solito gli
assenti hanno avuto torto.
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Hangdogs
+ Dirk Hamilton
1999, april 24
(Teatro Toscanini, Chiari - Italy)
Dopo alcuni mesi di incolpevole
ritardo sono finalmente arrivati gli Hangdogs, con i Say Zuzu
uno dei migliori gruppi roots americani. E se l'hotel Grim è
a est di ieri, Chiari si conferma a rock-ovest di Sanremo. Matthew
"Banger" "Belushi" Grimm (voce e chitarra),
Kevin Baier (batteria e voce), Automatic Slim (chitarra elettrica
e voce), con un nuovo bassista in sostituzione di J.C. Chimiel
(basso e voce), sono venuti in compagnia di una leggenda del cantautorato
d.o.c. statunitense: Dirk Hamilton. Ed è stato proprio
lui ad aprire la serata con ballate che hanno subito coinvolto
il numerosissimo pubblico: una manciata di splendide canzoni inframmezzate
da alcune divertenti battute in un buon italiano e che hanno contribuito
ad elevare l'eccitazione in attesa dei quattro di New York. Sì,
gli Hangdogs provengono dalla Grande Mela, ma ascoltandoli proprio
non si direbbe. Un ascolto al buio farebbe propendere per il Texas,
ma queste sono quisquilie, l'importante è che questo giovane
quartetto suoni un robusto country-rock con Steve Earle e Dave
Alvin nella mente e con gli anni Cinquanta nel cuore. Via via
sono così passate le canzoni dei loro due album mischiate
sapientemente con cover d'autore (valgano tra tutte Powder Finger
di Neil Young e Haley ' s Comet del duo Dave Alvin - Tom Russell).
Tra le loro composizioni citerei la rockata Hey, Janine (dedicata
all' attrice Janine Garofalo), la stupenda The Ring (con citazione
di Thunder Road del Boss) e l' esilarante They Don' t Play No
Country On The East Side Of New York cantata, con tanto di balletto,
da Kevin. Dopo di che è tornato sul palco Hamilton che
facendosi accompagnare dagli scatenati Hangdogs ha proposto alcuni
classici suoi e d' altri portando in maniera entusiasmante il
concerto verso una fine che la gente in platea proprio non voleva.
La serata è finita, Matthew Grimm ci ha raccontato le sue
storie facendoci sognare posti lontani e storie d' amore. Come
in una maledizione è costretto a scrivere le sue favole
e poi a raccontarcele ma il cognome, lo sappiamo bene (ricordate
Biancaneve e Cappuccetto Rosso?) è per noi una garanzia!
(esclusiva Pictures
From Rock-West)
Sarah
Pierce
1999, march 27
(Teatro Toscanini, Chiari - Italy)
La sera del 27 marzo ci
ha riportato un po' di Texas a Chiari. Un nome sconosciuto, certo,
ma una proposta veramente interessante. E finalmente è
stato il ritorno di una voce femminile dopo l'ottima esperienza
di due anni fa con Ruth Gerson. Sarah Pierce è venuta a
trovarci facendosi accompagnare dal marito Merel Bregante alla
batteria e dal chitarrista Kenny Grimes, trovando poi valido aiuto
nella chitarra di Maurizio Fassino e nel basso di Joe Barreca
dei nostrani Chicken Mambo. Grimes è un mito dalle sue
parti e lo stesso dicasi di Bregante (ha fatto parte tra l'altro
della Nitty Gritty Dirt Band e dei Fleetwood Mac). Il teatro era
pieno e il pubblico ha mostrato di gradire. Questa bella bionda
signora di (beata lei) Austin ci ha intrattenuti per oltre un'ora
e mezzo facendoci ascoltare le sue composizioni inframezzandole
a varie canzoni prese via via da Emmylou Harris, Tony Joe White,
Caroline Aiken e Kieran Kane. E così ecco le mosse The
River, No Place Like Home, Hard Road, la tenue Saving Grace e
un'ottima emozionante riproposizione della ultrafamosa What A
Wonderful World con il solo accompagnamento dell'elettrica di
Grimes. Unico piccolo appunto, forse, la mancanza di un pizzico
di energia in più. Alla fine un paio di bei duetti con
Fabrizio Poggi, leader dei Chicken Mambo (Bregante è il
produttore del loro nuovo album). Quindi un'ottima nuova proposta
dallo stato della stella solitaria. Nell'immenso spazio della
musica texana c'è posto anche per lei. Rincorri un sogno,
rincorri un sogno per me...
(da A.D.M.R.
marzo 1999)
Massimo
Bubola
1999, january
30 (Teatro Toscanini, Chiari - Italy)
Forse è stato il
vento che ha imperversato per tutto il giorno a portare tutta
questa gente al concerto di Massimo Bubola. Ma più probabilmente
è stato il desiderio di (ri)vedere all'opera l'artista
che è diventato il più grande poeta italiano in
ambito rock; o forse dovrei dire il più grande autore rock
italiano nel mondo della poesia? C'era anche la consapevolezza
che sarebbe stata l'occasione per un altro saluto ad un amico
maestro di vita che non c'è più (ciao Fabrizio).
Massimo è al quarto concerto a Chiari nel giro di pochissimi
anni e in più ci sono le apparizioni, i duetti, con Ruth
Gerson e Greg trooper, ma le sorprese non sono certo mancate.
L'inizio è splendido: LA LUNGA BALLATA DEI LUMINOSI GIORNI
è una canzone davvero splendida. E' poi la volta di una
stravolta MARABEL, poi è tutto un alternarsi di vecchi
successi e di canzoni nuove. Il nuovo disco sembra ormai pronto
e si annuncia di elevata qualità: pezzi come EMMYLOU e
RE TEODORICO si apprestano a diventare dei classici nei concerti.
Massimo mischia il rock (QUELLO CHE NON HO) alla tradizione del
cantautorato italiano (SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI), i sapori,
i colori, i suoni del Messico (ANDREA) con quelli dell'Irlanda
(IL CIELO D'IRLANDA), canzoni d'amore (SANDY), canzoni di guerra
(EURIALO E NISO); canzoni che parlano di eroi (CAMICIE ROSSE)
e di anti eroi (JOHNNY LO ZINGARO). Non sono mancate le covers:
da Mike Scott (UNA TIRATA D'ORECCHIO) a Cohen (FAMOSO IMPERMEABILE
BLU), da Dylan (AVVENTURA A DURANGO) allo stesso De Andrè
(IL PESCATORE) e altri ancora. Non sono mancate le "solite"
bellissime NIENTE PASSA INVANO, FIUME SAND CREEK e via via tante
altre per un totale di tre ore di emozioni, sudore e divertimento.
Il pubblico ha apprezzato moltissimo e fuori, ne sono convinto,
anche la luna ascoltava compiaciuta mentre le stelle per una volta
non sono state a guardare ma muovevavo a ritmo il ... piedino.
Quindi una splendida serata, ma ormai si è fatto tardi:
un rapido saluto agli amici (ancora buon compleanno Silvia) e
poi via verso casa, 130 chilometri d'autostrada per ... correre
più forte della malinconia...
(da A.D.M.R.
marzo 1999)